Cassazione: sentenze su mobbing, privacy, sicurezza sul lavoro, inquadramento.

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Segnaliamo alcune interessanti sentenze della Corte di Cassazione.

Rifiuto ad indossare i DPI  (Dispositivi Individuali Personali per la sicurezza) da parte del lavoratore e licenziamento;
Con sentenza n. 18615 del 5 agosto 2013, la Cassazione ha affermato che è legittimo vietare l’accesso sul luogo di lavoro al dipendente che rifiuti ripetutamente di indossare i DPI
(Dispositivi Individuali Personali per la sicurezza). Il datore di lavoro, infatti, ha l’obbligo di impedire la prestazione laddove questa, se eseguita in condizioni insicure, può arrecare danno al lavoratore. Con la sentenza la Corte ha stabilito che il rifiuto da parte del lavoratore di indossare i necessari dispositivi di protezione individuale, ne giustifica il licenziamento.
(Scarica la sentenzaCassazione 18615_2013 )

Mobbing: responsabilità del datore di lavoro;
Con sentenza n. 18093/2013, in tema di mobbing, i i giudici concludono che “sussiste la responsabilità del datore che sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo”.
(Scarica la sentenza: Cassazione 18093_2013)

Illegittimità prove internet contenenti dati sensibili;
Con sentenza n. 18443 dell’1 agosto 2013,  la Suprema Corte stabilisce che la contestazione al lavoratore dell’indebito uso di internet, allegando i contenuti dei siti visitati, è illegittima perché contenente dati sensibili.
(Scarica la sentenzaCassazione 18443_2013)


Rifiuto a svolgere mansioni superiori e licenziamento;
Con sentenza n. 17713 del 19 luglio 2013, la Corte di Cassazione ha affermato l’illegittimità del licenziamento del lavoratore che si rifiuta di svolgere mansioni superiori se esulano dalla sua qualifica e comportano responsabilità maggiori anche penali. I giudici della Suprema Corte, hanno ripreso il seguente principio di diritto:
“Il rifiuto, da parte del lavoratore subordinato, di essere addetto allo svolgimento di mansioni non spettanti può essere legittimo e quindi non giustificare il licenziamento in base al principio di autotutela nel contratto a prestazioni corrispettive enunciato dall’ articolo 1460 cod. civ., sempre che il rifiuto sia proporzionato all’ illegittimo comportamento del datore di lavoro e conforme a buona fede” (Cass. 12 febbraio 2008, n. 3304).
(Scarica la sentenza: Cassazione 17713 2013)

 

[Fonti: Segreteria Femca Cisl Veneto;
Venanzio Carpentieri @ ABCISL – Femca Cisl Acquedotto di Napoli 
]

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